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lunedì 5 marzo 2012

Pseudorisoluzioni

Scommetto che tirate un bel sospiro di sollievo quando leggete che lo spread cala. No, non voglio negare che stia calando, è un dato di fatto che chiunque può verificare. Il punto è PERCHE' sta calando e se il calo è davvero un segno che le cose in Europa stiano migliorando.

Come avrete sicuramente letto su tutti i giornali la BCE ha riempito di capitali le banche italiane ed europee per tamponare la crisi aiutandole a ricapitalizzare. Per i prossimi tre anni le banche potranno prendere i soldi dalla BCE all'1,7%, però questi soldi poi non vengono utilizzati per immetterli nel circuito dell'economia reale: le banche li tengono per sè (per rinsaldare la base patrimoniale) e per investirli nuovamente nei bond dei Paesi in crisi. Questo significa che le banche non stanno limitando la loro esposizione, ma, al contrario, stanno aumentando i loro rischi tornando a sottoscrivere il debito di quei Paesi che destavano preoccupazione, Italia in primis. Il risultato è il calo dello spread (perché i nostri titoli di Stato e quelli spagnoli vanno di nuovo a ruba, grazie alle banche che tornano a comprarli dopo aver ricevuto liquidità da rischiare dalla BCE). Questo dovrebbe rincuorarci? No, perché non significa che l'Europa è davvero vicina alla risoluzione dell'eurocrisi, vuol dire solo che con un trucchetto, un espediente bancarolo, si sta curando il SINTOMO, non la malattia. Non è la cura-Monti a fare abbassare lo spread, nonostante quello che dice la stampa filogovernativa, è solo il favore fatto da Draghi alla BCE. Un favore che regalerà tempo ai governi per cercare di risolvere la crisi ma cosa accadrà se dovessero continuare a temporeggiare, come stanno facendo? Le banche hanno comprato da Draghi tre anni di tempo ma riusciranno i governi a sfruttare saggiamente i prossimi 3 anni? Troppo presto per parlare di risoluzioni, questa, semmai, è una PSEUDORISOLUZIONE.

Così come è una pseudorisoluzione il fatto che, grazie a un altro espediente tecno-burocratico (la Clausola di Azione Collettiva), la Grecia possa dichiararsi insolvente senza di fatto esserlo sulla carta. Perché? Perché se il default della Grecia venisse ufficializzato bisognerebbe premiare quelli che avevano investito in CDS (credit default swap, i derivati emessi a garanzia nel caso di default); invece ora, grazie a questo espediente, quelli avevano investito in CDS, non sapranno più che farsene dei derivati sottoscritti (una truffa voluta e permessa dal regolatore praticamente).
Per dirla con BImbo Alieno:

chiunque abbia comprato dei CDS si ritrova con un pugno di mosche in mano. Un ottimo affare per chi li ha emessi e venduti. Nulla che abbia a che vedere con il concetto di “giustizia” , ma la necessità di non avviare un effetto-domino ha prevalso spingendo l’ente regolatore del mercato dei derivati (ISDA) ad autocertificarsi come ente inutile: se i CDS infatti sono diventati strumenti inutili, a chi serve un ente che ne regola gli scambi? La prima conseguenza sarà, ce lo siamo detti, che i CDS verranno venduti massicciamente. Il loro valore scenderà regalando l’illusione che tutto sia meno rischioso. Il secondo effetto é che il bail-out in stile greco, tutto sommato, non é mica così male. Non devi nemmeno dichiararti insolvente, sono i tuoi creditori a rinunciare “volontariamente” ai crediti verso di te. 
Il grassetto è mio, messo per sottolineare che anche il calo dei CDS darà l'idea che la crisi del debito sovrano sia storia vecchia. Un consiglio? Non credeteci, tutti questi espedienti sono PSEUDORISOLUZIONI, ma l'Europa continua a sedere sulla dinamite mentre chi governa temporeggia bevendo spuma e illudendosi che il peggio sia passato.

venerdì 24 febbraio 2012

In Italia il cambiamento non s'ha da fare

Neanche il tempo di complimentarmi con Monti per il discorso delle SrL semplificate (che per un Paese retrogrado come l'Italia sarebbero una piccola rivoluzione) ed ecco che, a quanto pare, salta tutto! Il motivo? Mancano i danè. Sembra di essere già tornati al governo Berlusconi e alle tremontiano rigore che blocca la crescita e costringe il Paese alla recessione. E la stagione di riforme? "Un'idea al mese per far ripartire l'economia"? Dove sono finite tutte queste chiacchiere?

Non basta che le privatizzazioni abbiano incontrato l'opposizione bovina dell'asse dei partiti - ancora questi hanno il fegato di farsi sentire? - no, adesso, anche le agevolazioni per i giovani vanno a farsi benedire. Il salasso "salva Italia" s'è realizzato senza problemi (perché quando si tratta di tosare il contribuente l'Italia non ha rivali), "cresci Italia" invece....

Niente, il cambiamento in Italia non s'ha da fare. Al governo è bastato che lo spread si abbassasse e che i mercati ritrovassero fiducia per cominciare a rimangiarsi quanto promesso. A questo punto lancio un appello ai giovani che avevano sperato (e continuano a sperare, chissà che alla fine non si arrivi a un compromesso) nelle Srl semplificate.

A Londra creare una Limited (Ltd) costa tra le 25 e le 250 sterline (dipende da che tipo di Lmt si sceglie, comunque sempre costi contenuti). In Germania? Un euro e si mette su una mini-GmbH. Negli USA invece per una Limited Liability Company (LLC) si va dai 50 ai 500 dollari (qui la differenza è in base allo Stato scelto).
E' tempo di dire basta alle bestialità italiane: bisogna che tutti quelli interessati ad aprire un'attività propria da oggi in poi scrivano a Monti, al Tesoro e al fisco facendo presente che sarà un piacere per loro avviare l'impresa all'estero (tanto ormai si può fare tutto via internet e comunque Londra non è poi così distante) per la gioia di fisco ed economie straniere. Ribellione fiscale! O chi si preso l'impegno di governare si impegna DAVVERO per un contesto favorevole alla creazione d'impresa o da oggi avvieremo tutti le nostre imprese  all'estero, così ve li sognate i nostri soldi!

giovedì 23 febbraio 2012

Recessione italiana e rincoglionimento fiscale

Si diceva che è necessario rilanciare le imprese, pensare a fiscalità di vantaggio più sagge, ecc.
E cosa ci ritroviamo in Italia? Ce lo dice il Sole 24 Ore (dove a quanto sembra si fanno grandi bevute):

Il decreto legge fiscale che il Governo porterà al Consiglio dei ministri venerdì prossimo - salvo nuovi ripensamenti - cambia a tutto campo l'intero calendario dei versamenti delle imposte dovute dalle imprese. Per sostenere le imprese in questa particolare fase di crisi economica e di scarsa liquidità, le nuove disposizioni allo studio dell'Economia cambiano tempi e modalità di versamento dell'acconto Ires e delle relative addizionali, nonché degli acconti Irap dovuta dalle sole imprese. Il nuovo calendario fissa quattro appuntamenti alla cassa in luogo dei due attuali: il 16 marzo, con il versamento del 30% dell'acconto complessivo dovuto nel periodo d'imposta precedente e il 16 giugno per un importo che, considerato l'anticipo versato, dovrà raggiungere complessivamente il 50% dell'acconto dovuto. Il restante 50% dovrà essere pagato al fisco in due rate di pari importo, rispettivamente entro il 16 settembre e il 16 novembre.

Avete letto bene, i giornalisti del Sole di logica se ne intendono: per sostenere le imprese in questa particolare fase di crisi economica e di scarsa liquidità, a venti giorni dalla scadenza, il Governo chiede di ANTICIPARE l'acconto che prima si pagava a giugno. E poi, invece di due versamenti, quattro... che non si capisce neanche su che bilancio andrebbero calcolati!
Poi ci stupiamo di questo?

Buona recessione a tutti!!!

martedì 31 gennaio 2012

Dati Istat sulla disoccupazione e problema generazionale

La disoccupazione continua a galoppare in Italia. Stando ai dati forniti da Istati si è registrato il più alto tasso di disoccupazione dal 2004, raggiungendo l'8.9%.
Categoria più colpita: i giovani (nessuna novità).

Un grazie a Monti per avere avviato una piccola "rivoluzione" con la creazione delle Società a responsabilità limitata semplificata per gli under 35 ma non è abbastanza per stimolare la creazione di nuove imprese e far calare la disoccupazione giovanile. A parte che ancora deve passare un po' di tempo prima che il provvedimento abbia effetto... ma in ogni caso il problema è anche di pressione fiscale perché un'azienda neonata, se da quando apre deve subito vedersela con gli studi di settore, non può avere vita lunga...

C'è bisogno che nuove imprese nascano e CRESCANO, no di aziendine che aprono e chiudono nel giro di 2-3 anni (come la stragrande maggioranza in Italia). Per farlo aiutando i giovani bisogna cominciare a pensare alle fiscalità di vantaggio non solo in termini geografici, ma anche e soprattutto anagrafici!

Pensiamo alle start-up del web. All'estero buona parte delle idee più interessanti viene da giovani e questo è ancora più vero nel caso dell'Italia, dove si sconta un serio ritardo culturale sulla diffusione di Internet e delle nuove tecnologie e soprattutto le nuove generazioni sono padroni del mezzo. Ma per mettere in condizione i giovani di sviluppare nuove idee non bisogna avvantaggiare solo quelli di particolari regioni disagiate, ma i giovani tutti, al di là della provenienza! Non si vuole fare una campagna Nord contro Sud - l'Italia è una e va benissimo così! - ma se un'idea vincente (almeno in potenza), mettiamo un nuovo Facebook, potrebbe essere sviluppata, chessò, in Veneto o in Toscana, e poi non parte (o parte male) a causa del fisco perché correre il rischio di bruciarla solo perché partorita in una regione non svantaggiata? Non è più importante che quell'azienda nasca, produca, cresca e crei nuovi posti di lavoro (anche per gente proveniente da altre regioni)?

venerdì 13 gennaio 2012

S&P declassa la Francia: persa la tripla A

Leggiamo le ragioni del downgrade:
The downgrade reflects our opinion of the impact of deepening political, financial, and monetary problems within the eurozone. [...] In our opinion, the political agreement does not supply sufficient additional resources or operational flexibility to bolster European rescue operations, or extend enough support for those eurozone sovereigns subjected to heightened market pressures. [...] In our view, however, the financial problems facing the eurozone are as much a consequence of rising external imbalances and divergences in competitiveness between the eurozone's core and the so-called "periphery." As such, we believe that a reform process based on a pillar of fiscal austerity alone risks becoming self-defeating, as domestic demand falls in line with consumers' rising concerns about job security and disposable incomes, eroding national tax revenues.
In sostanza secondo gli esperti di Standard & Poor's i piani di austerity contribuiscono ad acuire la crisi facendo crollare la domanda interna e facendo sprofondare di nuovo l'Europa in recessione. A nulla servono gli accordi dell'UE (qui si fa riferimento al summit UE del 9 dicembre scorso), infatti non si è lavorato sul problema di fondo: la differenza di competitività tra centro e periferia dell'UE.

I politici italioti hanno commentato la notizia parlando (come sempre) di complotti e attacco all'Europa ma la più pacata reazione del Ministro delle Finanze francese sembra suggerirci che forse, quella di S&P, non è poi una tesi tanto strampalata...